I nuovi vini di Pagani De Marchi e quel fil rouge con gli Etruschi.

I nuovi vini di Pagani De Marchi e quel fil rouge con gli Etruschi.

A piccoli passi, fuori del cono di luce dei riflettori puntati su Bolgheri, la Pagani De Marchi è diventata un’interprete eccellente del territorio della Costa Toscana; l’ultimo restyling testimonia la maturità raggiunta e una chiara strategia produttiva. Sangiovese unito a varietà internazionali, approccio poco interventista e scelte originali danno luogo a una gamma di vini molto convincenti.

Ci troviamo a Casale Marittimo, piccolo comune toscano in provincia di Pisa, 6 km a nord di Bolgheri e 8 km dalla costa tirrenica. Qui hanno vissuto gli Etruschi nel VII e VI secolo avanti Cristo; proprio all’interno della proprietà vi è un sito archeologico. Ma Pia Pagani De Marchi non lo sapeva, quando, 50 anni fa, comprò il podere di Casa Nocera per farne un luogo di villeggiatura. Per 30 anni dopo l’acquisto – avvenuto nei primi anni ’70 – questo posto altro non è stato, se non la residenza estiva della famiglia svizzera Pagani De Marchi di Lugano. 

Alla fine degli anni ’90, complice probabilmente il successo dei vini della vicina Bolgheri, venne voglia di fare vino, sfruttando gli 8 ettari di terreno intorno alla casa. Pia Pagani De Marchi affidò al fratello architetto il progetto della cantina e ingaggiò Michele Satta come consulente enologico. I primi vini videro la luce con la vendemmia 2001, dai vigneti piantati ex-novo nel 1997 con merlot, cabernet e sangiovese. Nel comune di Casale Marittimo non esistevano altre vigne all’epoca; erano forse esistite in epoca etrusca, chissà? 

Lo scasso del terreno portò alla luce reperti che attirarono l’attenzione della Sovrintendenza per i Beni Archeologici della Toscana. Fu rinvenuta una vera necropoli etrusca, oggi sito archeologico tutelato. Fra le tombe si distingue quella del cosiddetto “Principe Guerriero”, che sarà anche il nome del vino più rinomato della cantina.

Nelle prime due vendemmie furono vinificati in purezza i tre vitigni, con risultati entusiasmanti; dal 2003 iniziarono a creare assemblaggi per ampliare la gamma. Piantarono nuovi vigneti con le stesse varietà e nel 2010 anche un po’ di vermentino, per aggiungere un bianco al portafoglio prodotti. Da quell’anno l’azienda si è convertita al regime biologico

Il Sangiovese “Principe Guerriero” fece parlare di sé, dando lustro alla DOC Montescudaio; i terreni di Pagani De Marchi rientrano difatti nel perimetro di quella DOC; si estendono in giacitura collinare fra 100 e 200 metri su suolo prevalentemente argilloso, di origine marina, con presenza di calcare e minerali.

Col tempo le cose sono cambiate. Dal 2019 il figlio di Pia, Matteo Pagani prende in mano le redini dell’azienda e intraprende una nuova rotta. Rivede la strategia produttiva, modifica gli assemblaggi, rinnova lo stile dei vini e ne ringiovanisce l’immagine. Fin dall’inizio la cantina aveva adottato come logo un simbolo etrusco e aveva scelto nomi e immagini del sito archeologico per le etichette. Matteo mantiene quest’ispirazione dal punto di vista della comunicazione, interpretandola però in chiave contemporanea, con un design minimale ed efficace. Dal punto di vista enologico persegue la bevibilità piuttosto che la potenza. Se i vini degli esordi risultavano iper-concentrati (secondo la moda di quegli anni), oggi l’idea è un’altra: si è ridotto il numero di rimontaggi per evitare sovra-estrazioni; si cercano piuttosto equilibrio ed eleganza, come ho potuto constatare durante la mia degustazione in cantina il 1 febbraio scorso. 

Le fermentazioni si svolgono per lo più in tini di acciaio con controllo della temperatura e con lieviti spontanei, ad eccezione del bianco, per cui si impiegano lieviti selezionati. La maturazione dei rossi avviene in barrique con uso modesto del legno nuovo e solo con tostature leggere. La produzione si attesta su 35 mila bottiglie a partire da 6,5 ettari vitati; il che significa perseguire qualità con cura artigianale piuttosto che puntare alla quantità. I vini sono persuasivi e soprattutto rappresentano egregiamente il territorio della Costa Toscana. Mi ha convinto in particolare la gamma dei rossi, che si distingue per pulizia e autenticità. Dal leggiadro Montaleo a base di Sangiovese al Merlot in purezza Casa Nocera, c’è un filo conduttore: la mano leggera, l’intenzione di fare vini che non solo colpiscono al primo sorso, ma che si ha voglia di finire la bottiglia.

I vini di Pagani de Marchi

Il Vermentino BLUMEA 2021 ha profumi intensi, floreali e mentolati; preciso nel gusto, equilibratissimo con una nota sapida finale. 

Il MONTALEO 2020 è classificabile come “vino pop”, è un Montescudaio DOC fresco e moderno, ottenuto con una vinificazione in solo acciaio di 70% sangiovese e 30% fra cabernet e merlot. Trasmette un’idea di purezza aromatica, ha tratti fioriti e fruttati, che ricordano la violetta, il ribes nero, e il pompelmo rosa nel finale di bocca, ha tannini setosi, struttura agile e facile beva. 

Maggior struttura si trova nel PRINCIPE GUERRIERO, che però ha completamente cambiato abito: non c’è più traccia di sangiovese in lui, bensì è un assemblaggio di 60% merlot e 40% cabernet ed è vinificato in anfora. L’annata 2020 ha un profumo nient’affatto banale, una melodia di fragola, mora, lampone, macchia mediterranea, anche un tocco speziato. Il sorso è armonioso, tannini setosi rafforzano il centro bocca e spingono il vino in lunghezza insieme a una giusta acidità, facendo emergere il suo carattere fruttato croccante. È una vinificazione in anfora accurata e ben riuscita, un vino capace di evolvere ancora in bottiglia (posso dirlo dopo aver assaggiato anche la 2019).

L’OLMATA 2018 è di stampo più consueto: un blend di 50% merlot, 30% cabernet e 20% sangiovese con un anno di maturazione in barrique usate. Ha tratti balsamici evidenti, frutto evoluto fuso con ricordi speziati e torrefatti. È morbido al palato grazie a tannini perfettamente maturi, un’adeguata acidità ne agevola la beva facendo risaltare il finale speziato e fruttato.

Il Merlot in purezza mi ha ricordato le migliori espressioni bordolesi per il suo carattere leggiadro, per quanto ne abbia assaggiate due annate calde come la 2017 e la 2011. Si chiama CASA NOCERA e si presenta di un caratteristico porpora scuro nell’annata 2017. Ha un impatto floreale all’olfatto e si apre con ampiezza: ha variegate espressioni fruttate, dal mirtillo all’albicocca, ricorda bacche di sambuco, cioccolata fondente, cardamomo, fino ad accenni di sottobosco. Al gusto è soave con tannini sottili, vibra grazie a una tensione fresco-sapida inaspettata e si allunga nel finale balsamico. L’annata 2011, assaggiata dopo quasi 12 anni dalla vendemmia, non ha ceduto all’ossidazione, ha colore granato vivido, profumo di confetture e sigaro. Ha ancora tanta freschezza e tannini ben definiti dalla trama setosa, è saporito e persistente.

Il nuovo corso della cantina è sicuramente incoraggiante. Pagani De Marchi è un’azienda tutto sommato giovane, promettente e ha saputo interpretare il potenziale della Costa Toscana con un proprio percorso, che merita attenzione. Casale Marittimo è un altro punto che si accende sulla mappa enologica della Costa Toscana.

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