Il ragù di carni bianche e il vino

Il ragù di carni bianche e il vino

Ho provato un abbinamento, quasi provocatorio, che mi ha fatto riflettere: uno spumante metodo Martinotti servito con delle tagliatella al ragù dell’aia in bianco.

Ragù in bianco vuol dire senza aggiunta di pomodoro; tra gli animali che popolano l’aia in questo erano stati impiegati coniglio, pollo e faraona. Cosa cambia rispetto a un tradizionale ragù alla bolognese? Ebbene, cambia tantissimo, in quanto la carne bianca ha un sapore più tenue, ma soprattutto è meno succosa e meno grassa. Richiede anche una cottura più breve e quindi resta un ragù assai più delicato.

Tagliatelle al ragù dell’Aia

Il condimento di queste tagliatelle è quindi una salsa leggera, dove la carne di pollo, faraona e coniglio è legata da un semplice soffritto di carota, sedano e cipolla e magari sfumata con del vino bianco. Tutto sommato il gusto è quello di un piatto semplice, in cui prevale di gran lunga la tendenza dolce delle carni bianche, del soffritto e delle tagliatelle rispetto a una lieve untuosità e una quasi impercettibile grassezza.

Quale vino si presta a un siffatto primo piatto?

Senz’altro, trattandosi di un primo piatto con un sugo piuttosto delicato, non serve un vino di grande struttura. È vero che c’è della carne, ma non servono in questo caso né potenza alcolica, né tannini, né morbidezza; serve freschezza!

Se il ragù di carni bianche fosse legato dell’impiego della salsa di pomodoro (ovvero non in bianco), proporrei un vino rosso giovane e leggero dal carattere equilibrato, come un Alto Adige Pinot Nero, che magari non è maturato in barrique; oppure anche un Lago di Caldaro a base del vitigno Schiava.

Ma perché non scegliere un vino rosato? È il piatto perfetto per valorizzare tanti vini rosati come un Lagrein kretzer (ne fanno in Trentino e in Alto Adige) o un Castel del Monte rosato dalla Puglia. Ci sono tanti rosati interessanti in Italia e ancor di più se valichiamo i confini; in questo caso l’importante è sceglierne uno dallo stile piuttosto fresco.

La scelta migliore, nel caso di un ragù di carni bianche in bianco, come quello descritto all’inizio, sarà quella di un vino bianco dalla struttura discreta e dotato di buona freschezza. Il corpo più delicato di un vino bianco combacia con la finezza del piatto; l’acidità del vino contrasta bene la tendenza dolce prevalente. Esempi: un Lugana prodotto sulla riva meridionale del Garda, un Verdicchio dei Castelli di Jesi dalle Marche, un Trentino Chardonnay, un Greco di Tufo dalla Campania, un Trebbiano d’Abruzzo o, andando all’estero, uno Chablis francese.

E uno spumante?

Ebbene sì, il vino effervescente, lo spumante, in questo caso può essere una scelta valida, anzi una scelta ideale. L’importante è che sia secco, non eccessivo nella pungenza e non troppo strutturato ed evoluto. Esempi: un Trentodoc, un Franciacorta satèn, uno Champagne blanc de blanc. Sono tre esempi di spumante metodo classico. Uno spumante metodo Martinotti però non è da escludere, quando sia prodotto da un vitigno di grande carattere, come un Verdicchio e magari con una sosta sui lieviti prolungata. Io ho provato questo piatto con lo Spumante Brut Metodo Martinotti Verdicchio Doc BiologicoCuvée Tradition” di Colonnara che esce come DOC Verdicchio dei Castelli di Jesi ed è prodotto con una sosta prolungata in autoclave.

L’effervescenza e la freschezza opposte alla tendenza dolce delle tagliatelle al ragù dell’aia creavano un’armonia gustativa; l’alcol moderato e la struttura media erano proprio quello che ci voleva per creare un’unione felice e non solo di comodo. Se l’idea di abbinare un metodo Martinotti a un piatto di tagliatelle al ragù dell’aia poteva essere provocatoria, devo dire che la provocazione ha avuto esito felice e la sfida è stata vinta!

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